giovedì 29 agosto 2013

VENEZIA 70, Giorno 1 (Mercoledi 28) - parte 1

Ieri ha preso ufficialmente il via l'edizione numero 70 della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. 
10 giorni in cui il cinema e il glamour la faranno da padrone. 10 giorni in cui le attenzioni di tutto il mondo si sposteranno sul lido veneziano. Ma soprattutto 10 giorni di cinema.
Cominciamo!!



1.1 GRAVITY, di Alfonso Cuaròn

Diciamolo subito, la mostra non poteva trovare titolo più giusto per essere inaugurata. Gravity, di Alfonso Cuaròn, è il film che ogni direttore di mostra vorrebbe (e dovrebbe) avere per inaugurare un festival. Ci sono tutte le credenziali per attirare l'attenzione del grande pubblico (attori importanti quali George Clooney e Sandra Bullock, un regista interessante, una trama semplice ma avvincente, effetti speciali ecc.). Ma Gravity non è solo questo, anzi. 

Cuaròn fa letteralmente salire su una giostra sia i suoi personaggi che i suoi spettatori. Lo dichiara sin dall'incipit: un piano sequenza incredibile, unico, estremo, rischioso e riuscitissimo. Il regista era già famoso come maestro di tale tecnica di ripresa (si veda I Figli Degli Uomini), ma ora si consacra quale numero 1 indiscusso. 
Per il primi 20 minuti del film, noi siamo esattamente lassù, dove si trovano i nostri eroi, ad ammirare inizialmente la bellezza galattica dello spazio per poi venirne poco a poco inglobati fino a rischiare di morire. 20 minuti in cui si danza senza gravità e senza montaggio. 20 minuti che costituiscono anche una sorta di continuo evolversi del cinema. Non c'è più la pellicola, non ci sono più limiti temporali per comporre un'inquadratura, insomma, al giorno d'oggi, grazie al digitale, Hitchcock avrebbe girato Nodo Alla Gola senza dover ricorrere a nessun trucchetto. Cuaròn lo sa, ma proprio come sir Alfred, non si accontenta. Allora anche lui escogiterà qualche trucco per comporre le sue inquadrature spacciandole poi per un'unica lunga ripresa che come pregio non ha solo il fatto di essere lunga, ma quello di essere quasi impossibile da realizzare. Proprio come Nodo Alla Gola.

La perizia tecnica che caratterizza l'incipit della pellicola si rivelerà una costante di Gravity. Il regista osa moltissimo, lascia fluttuare oggetti, usa in maniera divina la terza dimensione, si diverte a giocare con il sonoro (ricordatevi che nello spazio il suono non si propaga) e posiziona la macchina da presa in punti quasi impensabili, facendola muovere come se essa fosse un personaggio vero e proprio, alternando soggettive e finte tali. 

Ma il tassello vincente di Gravity forse è un altro. Il regista stesso ha dichiarato che si tratta di un film semplice a livello tematico, e in realtà lo è, ma solo in apparenza. La malinconia, lo stupore, la bellezza della natura, il terrore del vuoto, la claustrofobia, la rinascita. Ecco di cosa parla Gravity, e lo fa solo con 2 attor(on)i in scena, ritagliandosi di diritto un posto tra i più alti film di genere. Genere che viene spesso omaggiato lungo il correre dei minuti, o meglio, viene fatto quasi riecheggiare (scomodiamolo pure Kubrick, senza paura di confrontarci con qualcosa di troppo alto). 

Peccato che alla fine di tutto Cuaròn decida però di lasciarsi andare ad una retorica troppo evidente e fastidiosa, costruendo un finale che fa acqua da tutte le parti (vedere per credere) e che non fa rientrare il lavoro nella schiera dei "grandissimi" ma solo dei "grandi". 15 minuti in meno e avremmo avuto il capolavoro.

Voto. 4/5



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