JANIS, di Amy Berg (fuori concorso)
Presentato fuori concorso alla
Mostra del cinema di Venezia, Janis è
un documentario prezioso sotto diversi punti di vista. Non solo infatti il film
ripercorre fedelmente la carriera e la personalità di una tra le voci più significative
del panorama rock (non solo degli anni Sessanta), ma rimane impresso negli
occhi dello spettatore per la sua capacità di testimoniare a 360 gradi un
continente intero in un preciso momento storico molto delicato. Il film della
Berg si avvale di una ricerca documentaria approfondita e precisa tra
interviste, foto, documenti, stralci di giornali, spezzoni televisivi e video
amatoriali. La voce della Joplin è al centro dell’intera durata lasciando
intuire ai neofiti la vivacità e l’energia che esprimeva così come la parallela
debolezza e insicurezza che di lì a poco avrebbe segnato la fine precoce di una
vita prima ancora che di una leggenda. L’opera procede con fare spedito e
coinvolgente senza allentare mai la tensione dinamica e riuscendo nel difficile
conto di appassionare gli inesperti e commuovere i fan di vecchia data.
RABIN, THE LAST DAY,
di Amos Gitai (concorso)
Ricostruendo in maniera variegata
e multiforme le indagine relative all’omicidio del primo ministro israeliano Rabin
avvenuto il 4 Novembre del 1994 a Tel Aviv, Amos Gitai costruisce un film
macchinoso, (troppo) lungo e a tratti estremamente pedante che tuttavia
nasconde al suo interno una forza cinematografica notevole e una passione
cronachistica di tutto rispetto. Rabin,
The Last Day non si accontenta di riproporre i fatti inscenandoli, e
nemmeno di mostrare l’accaduto utilizzando immagini di repertorio. La verità
sta nel mezzo, così l’autore opta per entrambe le tecniche qui esposte
inscenando i processi ai protagonisti (offrendo dunque un molteplice punto di
vista), recuperando alcuni estratti video dai telegiornali dell’epoca e
decorando ulteriormente il tutto con riprese più retoriche e poetiche che sono
forse il vero grande punto debole del film. Se non si ha vissuto in prima
persona (a livello nazionale si intende) la Storia antecedente e posteriore
all’accaduta, difficilmente si potrà apprezzare a fondo la pellicola che
trasuda cultura e senso di appartenenza nazionale ad ogni singolo secondo. Gitai
non fa cronaca, bensì guarda al tutto con l’occhio critico di chi ha ancora
segnato sulla propria pelle il risentimento e la paura di quegli attimi. Non si
tratta di un film perfetto, ma l’interesse che riesce a scaturire è da
ammirare.
ANOMALISA, di Charlie Kaufman e Duke Johnson (concorso)
Il nome di Charlie Kaufman è da
sempre legato all’immaginario più folle e sopra le righe che hollywood abbia
proposto. Titoli come Essere John
Malkovic o Se mi lasci ti cancello
sono ormai diventati di culto e l’autore gode di una certa simpatia tra i
cinefili di tutto il mondo. Anomalisa
è il suo primo lungometraggio animato (con la tecnica della stop motion) e questo non ha fatto altro
che amplificare notevolmente la sua attesa. Il film effettivamente funziona
molto bene grazie all’immaginario surreale che l’autore riesce a ricreare e a
una scrittura fluida e spontanea che da sempre caratterizza i dialoghi dei
personaggi inventati dal regista. La storia prende le mosse da un soggetto
trito e ritrito (due persone si conoscono e si amano in una notte d’albergo
dando una scossa notevole alle loro vite) ma l’impostazione adottata è
sicuramente stimolante e originale. Ciò che però non convince sino in fondo è
l’autoreferenzialità che Kaufman imprime al suo lavoro cercando costantemente
di andare oltre il dovuto e perdendo di vista il messaggio principale
dell’opera. Anomalisa rischia dunque
di sfilacciarsi notevolmente e di apparire come un mosaico ricco di notevoli e
vivaci tasselli ma di cui il disegno d’insieme è dato per smarrito.
Nessun commento:
Posta un commento