EVEREST, di Baltasar Kormakur (fuori concorso)
Presentato alla Mostra del cinema di Venezia come film d’apertura,
Everest è un blockbuster di vecchio
stampo: un grande budget, una grande produzione, un grande cast e (purtroppo)
una grande retorica di fondo rimangono gli elementi più succulenti del lavoro di Kormakur. Se i fan più giovani sono in trepidante attesa
di poter vedere sfilare sul tappeto rosso i propri beniamini quali Jake
Gyllenhaal, Josh Brolin e Keira Knightley, i critici e i cinefili più
appassionati non hanno avuto modo di apprezzare la pellicola per via della sua
vuota ed elementare struttura narrativa e contenutistica. Everest ha ben poco da dire durante le sue due ore di durata,
preferisce piuttosto affidarsi ad un intrattenimento visivo riuscito e puntuale
ma nemmeno poi così tanto stupefacente. Perfettamente calato nell’estetica
hollywoodiana contemporanea (che cerca di appagare lo spettatore con super
mostri o super cattivi sempre più giganti, grossi o corpulenti) è interessante
notare come il film in questione vada nella medesima direzione senza però
scomodare alcuna creatura immaginifica, bensì affidandosi alla vetta più alta e
crudele che Madre Natura abbia creato. L’amore, il coraggio, l’amicizia, le
ragioni che spingono l’uomo ad affrontare prove oltre il proprio limite sono
tutti temi sfiorati e poi completamente abbandonati dal regista, il quale firma
dunque un prodotto capace di emozionare ben poco ma che probabilmente
riscontrerà un buon successo ai botteghini mondiali.
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