lunedì 2 settembre 2013

VENEZIA 70, Giorno 5 (1 Domenica) - parte 1

5.1 PARKLAND, di Peter Landesman (concorso)

Senza infamia e senza lode potremmo definire l'esordio di Peter Landesman, ennesima opera che racconta le vicende legate all'omicidio di JFK, trentacinquesimo presidente degli U.S.A., ma che lo fa senza aggiungere nulla di memorabile a quanto già visto. Una buona scelta è quella di concentrarsi sui fatti ufficiali senza andare a suggerire nessuna teoria di complotto o simili, ma anche la forma del racconto, se vogliamo, potrebbe avvalorare ancor di più il lavoro. Parkland infatti è un film corale che segue azioni e reazioni di diversi personaggi coinvolti nel fattaccio come un reporter, un medico, le guardie di sicurezza ecc. A lungo andare però la regia diventa piatta e i guizzi sempre più rari. Il peccato maggiore però è che in questo minestrone di personaggi (effettivamente ce ne vengono presentati sin troppi) lo spettatore riesca a scavare ben poco nella loro personalità e le figure più interessanti (il fratello e la madre dell'omicida) sono abbandonate un po' allo stringato finale senza lo spazio dovuto. Un compitino eseguito bene grazie anche alle interpretazioni di un cast piuttosto in forma (Paul Giamatti e Billy Bob Thorton su tutti), ma nulla di più.

Voto: 3/5, forse qualcosina meno



5.2 MISS VIOLENCE, di Alexandros Avranas (concorso)

Miss Violence lascia il segno. Nel bene o nel male. Non si può uscire dalla sala senza essere rimasti scossi. Avranas, qui alla sua seconda regia, segue le tendenze che il cinema della sua patria (la Grecia) ha intrapreso da qualche anno a questa parte. Molto facile accostare questo lavoro a quelli del più famoso regista Lanthimos, ma il discorso è più profondo. Miss Violence racconta una tragedia a scatole cinesi. La prima sequenza mostra il suicidio di una ragazza nel giorno del suo undicesimo compleanno proprio mentre festeggiava con la sua famiglia. Da quel momento in poi, scatola dopo scatola,  lo spettatore vestirà in qualche modo i panni del fantasma di questa ragazza rimanendo in quella casa e con quella famiglia per tutto il film, spiando le malvagità più brutali nascoste a tutti e prendendo posto nel teatrino fittizio e sorridente di cene o riunioni con assistenti sociali. Passo dopo passo il regista ci svela qualcosa di sempre più grosso e subdolo, qualcosa che non vedremo mai perchè costantemente lasciato fuori campo ma che ci porterà verso un finale da cui scapperemo volentieri. C'è un universo intero in quella famiglia, ma un universo fatto di malvagità. Pedofilia, menzogne, prostituzione, violenza, un padre/padrone terrificante, solitudine, repressione, ipocrisia. Il tutto incorniciato in una regia elegantissima, con inquadrature calibrate al meglio, una fotografia gelida e movimenti di macchina fluidi (piano sequenza centrale davvero notevole). Uno stile che come dicevo ricorda molto quello di Lanthimos ma che, onestamente, non lo eguaglia, dando l'idea di una pellicola molto controllata e un po' tenuta a freno sulle pulsioni, cosa che con il regista di Kinodontas non succedeva. Detto ciò, uno dei migliori film del concorso.

Voto: 4/5

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